18.2.13

Maxxi: a quando il decollo?

L'ingresso all'area della Fondazione Maxxi ha senza dubbio il suo effetto: la struttura imponente, di un grigio industriale è, nonostante l'apparente maestosità, di sorprendente leggerezza; Tutto è sinonimo di linearità ed equilibrio architettonico, nel complesso un effetto stupefacente ma...
cosa accade una volta all'interno? Spazi eccellenti dispersi e persi.
Si è appena conclusa la mostra che negli ultimi mesi ha focalizzato l'attenzione Le Corbusier e l'Italia, il cui allestimento lasciava perplessità ed un costante senso di imcompiutezza;
Ben più soddisfacente invece l'attigua galleria dedicata a Michele Valori, abitare le case oppure la sapiente esposizione di Models, che occupa gran parte della galleria sovrastante in una sapiente rappresentazione di progetti e modelli espressione di un'architettura internazionale che non si ferma neppure per riposare. 
E di nuovo le gallerie seguenti - tra opere dell'artista Boetti  e le installazioni Proiezioni - lasciano l'occhio curioso a tratti insoddisfatto.
Insomma, il Maxxi si presenta come un enorme portagioie, un involucro ricco di aspettative e desideri che i suoi visitatori vi ripongono: a tratti li appaga, a tratti li delude.
Di certo è difficile il decollo per una struttura così maestosa e dedicata al mondo contemporaneo in una realtà culturale -come quella romana- in cui la Storia ed il passato hanno da sempre il primato eppure forse bisognerebbe anche crederci un po' di piu', bisognerebbe - forse - investire capitali diversi per ottenere risultati a lungo termine ed impedire che il visitatore, deluso, non vi faccia ritorno.
Perchè è un peccato sprecare una teca così attesa e così preziosa e favorire la convinzione - malsana ma assai radicata - che il contemporaneo non sia Arte. 
 



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